Varie.
1. JB
JB, 2, 128. Prajāpati –
emesse le geniture – si disfaceva. Divenuto il cibo, egli giaceva. Tutti i Devā lo pretendevano: “È mio! È mio!”. Loro dicevano: “Che
ce lo dividiamo!”. Non concordavano nella sua suddivisione. Loro dicevano: “Che
corriamo una corsa (ājim ... ayāma), per lui!”. Loro correvano una corsa. (...)
In questo modo, infatti, egli (Bṛ́has-páti) vinceva la corsa. (...) Índra diceva a lui – in procinto di vincere la corsa:
“Ti pongo davanti (come puróhita). Che (tu) mi
lasci sacrificare (yājaya), con questo sacrificio!”. “Sì”. Se lo poneva davanti (puro ’dhatta1). Con questo
(sacrificio), (Bṛ́has-páti) lo induceva a sacrificare. In questo modo, Índra raggiungeva il śraíṣṭhya di tutti i Devā. Colui il quale
così conosca raggiunge il śraíṣṭhya dei suoi. Questo è il sacrificio di entrambi: e del brāhmaṇá e del
rājanyá. In quanto Bṛ́has-páti
vinceva, così è del brāhmaṇá. In quanto Índra sacrificava
(per se stesso), così inoltre è del rājanyá. Egli (Bṛ́has-páti) inoltre fu il
puróhita di Índra soltanto. Non degli altri Devā. Egli desiderava: “Posso raggiungere la puródhā2 di tutti i Devā”. (...) In questo modo, infatti, egli raggiungeva la puródhā di tutti i Devā. Infatti, Bṛ́has-páti è il puróhita dei Devā.
JB, 2, 90. Loro (le vacche) – vedendo il padre, Prajāpati – andarono via – rallegrate. Andate via, loro si propagarono in grande.
I Devā furono preoccupati dalla loro
dispersione. Guidate fuori, con l’utsedhá3, riprese, con il niṣédha, (i Devā) se le posero in se stessi.
JB,
2, 90. Colui il quale può essere con il desiderio di un armento, costui può
sacrificare, con questi due. Con il valabhíd,
dischiude il recinto; con l’udbhíd,
lascia andare le vacche. Guidate fuori, con l’utsedhá, riprese, con il niṣédha, se le pone in se stesso. Ottiene gli
armenti. Diviene con un armento numeroso [abbondante].
JB, 2, 87. Índra desiderava: “Posso essere il ṛṣabhá di (tra) tutte le geniture; posso raggiungere la ṛṣabhátā”. (...) In questo modo, infatti, egli diveniva il ṛṣabhá di tutte le
geniture; raggiungeva la ṛṣabhátā4. Colui il quale così conosca diviene il ṛṣabhá dei suoi, degli uomini (prajānāṃ);
raggiunge la ṛṣabhátā.
JB, 2, 288. Prajāpati desiderava: “Posso
generare, molteplice, attraverso la genitura, attraverso gli armenti”.
(...) In questo modo, infatti, egli generava, molteplice, attraverso la
genitura, attraverso gli armenti. Colui il quale così conosca genera,
molteplice, attraverso la genitura, attraverso gli armenti. Allora dissero:
“Era preoccupato dalla dispersione di
queste geniture emesse”. (...) Con il brāhmaṇá,
afferra (o circonda5) le geniture, gli armenti da entrambe le parti;
per non disperder(li). La ricchezza di colui il quale così conosca non è
dispersa.
2. KS
KS,
9, 17. Infatti, di Prajāpati desideroso di
emettere le geniture, Índra (e) Agní nascondevano le sue geniture. Egli
(Prajāpati) conosceva: “Infatti, Índra (e) Agní hanno nascosto le mie
geniture1”. (...) In
questo modo, infatti, questi due gli davano indietro le geniture.
VB,
3, 29. “Prajāpati emetteva le geniture. Emesse, il giorno e la notte le
prendevano”. (...) Egli rese (...) un cibo il giorno; rese (...) un cibo la
notte. Il giorno e la notte furono per lui il cibo, l’ákṣiti.
KS, 29, 7. Infatti, i Devā erano tutti simili. Non avevano raggiunto la vyāvṛ́t.
In questo modo, vedevano queste prese – Agní (vedeva quella) ad Agní, Índra
a Índra, Sūrya a Sūrya. In questo modo, infatti, loro (Agní, Índra, Sūrya)
raggiungevano la vyāvṛ́t – il
śraíṣṭhya dei Devā. Colui per il quale sono
prese queste (prese, gráhān)
raggiunge la vyāvṛ́t – il
śraíṣṭhya dei pari. Infatti, Prajāpati
distribuiva le parti – il sacrificio – ai Devā.
Egli pensava: “Ho escluso me stesso”. Quelle che erano state le sue tre priyāḥ tanvaḥ1,
le metteva da parte. Egli metteva da
parte queste (tre) prese. (...) Loro (si) distribuivano in questi mondi: Agní,
nel (mondo) quaggiù; Índra, nello spazio intermedio; Sūrya, nel (mondo) lassù.
Infatti, con queste prese, loro (Agní, Índra, Sūrya) prosperavano in questi
mondi. Con queste (prese), attingevano all’ādhipatya di questi mondi. Colui per
il quale sono prese queste (prese) prospera in tutti questi mondi, attinge
all’ādhipatya di questi mondi.
KS,
10, 11. Prajāpati emetteva gli armenti. Loro erano andati via
da lui. (Prajāpati) e Bṛ́has-páti li inseguivano
(teṣāṃ ... anvaitāṃ), a piedi. Dove
loro (gli armenti) erano stati (āvasaṁs), trovavano – nato – il legume
selvatico. Strappato, lo portavano via. Bṛ́has-páti si rivolgeva a lui (a Prajāpati):
“Con questo (legume), che (io) ti lasci sacrificare! Infatti, questi armenti si
avvicineranno ancora a te”. (...) In questo modo, infatti, gli armenti si
avvicinavano ancora a lui. (...) Gli armenti vanno via
da colui il quale è senza armenti. Prajāpati è colui il quale dà gli
armenti. (...) Egli (Prajāpati) induce gli armenti a
tornare ancora, per costui.
3.
TS
TS,
2, 4, 4, 1. Prajāpati emetteva le geniture. Emesse, loro andavano lontane da
lui. Dove loro stavano, da lì sorgeva il legume selvatico. (Prajāpati) e Bṛ́has-páti le seguivano. Bṛ́has-páti
diceva: “Con questo (legume), che (io) proceda prima di te! Allora le geniture
torneranno vicine a te”. Procedeva prima (prātiṣṭhat) di lui. In questo modo,
infatti, le geniture tornavano
vicine a Prajāpati1.
TS,
2, 1, 1, 4. Prajāpati era qui, unico. Egli
desiderava: “Posso emettere le geniture, gli armenti”.
Egli strappava la vapā da se stesso. La offriva (prāgṛhṇāt) in Agní. In questo modo, diveniva (si originava)
il capro senza corna. Lo (...) immolava. In questo modo, infatti, egli emetteva
le geniture, gli armenti.
4.
ŚB
ŚBM, 8, 4, 2, 1 e 2. Pur essendo (tutti
gli esseri) un suo embrione, Morte – il male – li afferrava. Egli (Prajāpati)
diceva ai Devā: “Insieme con voi, che (io) liberi tutti questi esseri da Morte
– dal male!”. “In questo modo, che cosa diverrà per noi?”. “Scegliete!”, diceva
(Prajāpati). “Che sia una parte, per noi!”, gli dicevano gli uni. “Che sia
l’ādhipatya, per noi!”, gli altri. Fatta una parte per gli uni, l’ādhipatya per
gli altri, egli liberava tutti gli esseri da Morte – dal male.
ŚBM, 8, 4, 1, 4. Perciò, inoltre, quando il padre
ricerca nei figli, (questi) dicono: “In questo modo, che cosa diverrà per
noi?”. Allora, quando i figli (ricercano) nel padre, (questo) dice: “Sì”.
Poiché così e Prajāpati e i Devā parlavano insieme, all’inizio. [In
altre parole, il padre largisce di più, rispetto ai figli].
ŚBM, 7, 5, 2, 14. Il púruṣa (l’uomo) è nel centro (mádhye); da ogni
parte, sono gli altri armenti. Pone (dadhāti1) il púruṣa: il
divorante degli armenti – dal centro. Perciò, il púruṣa è il divorante degli
armenti – dal centro.
ŚBM, 4, 6, 9, 5 e 6. Allo stesso modo, il cibo portato
(od offerto) desidera di andare via da lui: “In quanto, infatti, quest’(uomo) mi può ferire! In quale modo mi tratterà?”. All’inizio,
(l’uomo) mangia un poco di questo
(cibo), da lontano (All’inizio, egli può prender[ne] da lontano, due volte, tre
volte, K, 5, 8, 3, 4). Lo ferma. (Il cibo) conosce: “Infatti, non
è stato, così come ho pensato! Infatti, non mi ha
ferito!”. Si rifugia vicino2 a lui (upāvaśrayate).
Colui il quale, così conoscendo, è in grado di seguire il suo vratá,
costui diviene l’amato del cibo, il divorante
(del cibo).
ŚBM, 3, 9, 1, 5. Così, (lo yájamāna) si accresce, con la genitura,
con gli armenti. Le geniture tornano
insieme vicine a lui – le geniture rimangono con lui, per la śrī, per il cibo.
5. TB
TB, 3, 1, 4, 2. Prajāpati emetteva le
geniture. Emesse, loro andavano lontane da lui. Si rivolgeva (con la mente) a
Róhiṇī1, tra loro. Egli desiderava: “Può tornare vicina a me. Posso
unirmi, con lei”. (...) In questo modo, infatti, ella tornava vicina a lui. Si univa con lei.
Nel
mito seguente, i Devā – e non Prajāpati2 – emettono Índra:
TB,
2, 2, 3, 3 e 4. Prajāpati emetteva i Devā (e) gli Ásurā.
Egli non emetteva anche Índra. I Devā gli dicevano:
“Che (tu) generi per noi Índra!”. Egli diceva: “Come io vi ho emessi con
l’ardore, così che (voi) generiate Índra!”. Loro ardevano l’ardore. Loro
vedevano Índra in se stessi. Gli dicevano: “Che (tu) nasca!”. Egli diceva: “Per
quale parte sono in procinto di nascere?”. “Le stagioni (e) l’anno. Le geniture
(e) gli armenti. Questi mondi”, dicevano.
6. PB
PB,
14, 5, 13. Prajāpati emetteva le geniture. Loro –
emesse – gli erano sembrate deboli (abalā), in un certo senso. Con questa
melodia, (...) poneva in loro l’ója1, il vīryá. In quanto diviene
questa melodia, si pone in se stesso l’ója, il vīryá.
KS,
36, 5. Emesse, (...) Váruṇa afferrava la giovinezza in loro (= nelle geniture).
Allora dissero: “Infatti, loro lo (= Prajāpati, MS, 1, 10, 10) avevano
offeso. (Prajāpati) induceva Váruṇa
ad afferrarle – offensive”. Perciò,
il padre non è offeso. (...) I Marútaḥ
disperdevano l’offerta di lui (di Prajāpati). In questo modo, (le geniture) erano
emesse, afferrate dall’afflizione. Ricercava una cura per loro. Ricercava in se
stesso. Egli produceva questo latte da se stesso. Con questo (latte), rimuoveva
l’afflizione da loro.
PB, 19, 7, 1. All’interno di
questo (recinto), era la ricchezza in vacche (gavyaṃ
vasv) (degli Ásurā). I Devā non erano in
grado di dischiuderlo. Loro (i Devā) dicevano a Bṛ́has-páti: “Che (tu) li (= gli armenti) lasci
andare per noi!”. Con l’udbhíd,
egli rompeva il recinto; con il balabhíd,
(lo) dischiudeva. Li lasciava andare, con l’utsedhá; (li) afferrava
(o rinchiudeva), con il niṣédha.
Bṛ́has-páti riesce a far tornare i Devā (MS, 2, 2, 6) e
ad afferrare gli armenti – dopo
averli lasciati andare. Così, i Devā
sono come i loro armenti.
Note.
1.
1 Anche KS, 11, 4. «Infatti, Bṛ́has-páti è il più giovane dei Devā. Egli attingeva
al culmine. Bṛ́has-páti
è la
divinità di colui il quale è più giovane. Si pone dietro di lui. Egli (Bṛ́has-páti) lo porta al culmine».
Anche TS, 2, 1, 6, 1. «Con il desiderio di un
villaggio, può desiderare: “Posso essere il pṛṣṭhá
dei pari”; può immolare (un armento) con il dorso bianco a Bṛ́has-páti. (...) Egli (Bṛ́has-páti) lo rende il pṛṣṭhá
dei pari. Diviene con un villaggio».
2 Anche TS, 7, 4,
1, 1. «Bṛ́has-páti
desiderava: “I Devā possono avere fiducia in me. Posso raggiungere la puródhā”. (...) In questo modo, infatti, i Devā avevano fiducia in lui. Raggiungeva
la puródhā». Così, ŚBK, 5, 7, 5, 1 e TB, 2, 7, 1, 2. Anche JB, 2, 311. «Giungeva alla loro puródhā: raggiungeva lo yáśa (in loro)». Anche MS, 1, 11, 5 e KS,
14, 5.
3 «Infatti, con l’utsedhá, i Devā guidavano fuori gli armenti;
con il niṣédha, (li) afferravano (o rinchiudevano)» (PB, 15, 9, 11).
4 «Infatti, il rājā è il ṛṣabhá tra gli uomini. Il toro è il ṛṣabhá tra gli armenti» (JB, 2, 87). Anche PB, 19, 12, 3 e 6. Anche JB, 1, 95. «Infatti, e Índra e Sóma
desideravano: “Possiamo giungere all’aíśvarya,
all’ādhipatya di tutte le geniture”. (...) In questo modo, infatti, questi due
giungevano all’aíśvarya, all’ādhipatya
di tutte le geniture».
5 Anche PB, 18, 10,
9. «Con lo kṣatrá,
afferra (o circonda) per lui la víś da entrambe le parti. La víś diviene colei
la quale non va via da lui».
2.
1 Gli amati corpi. Anche
TS, 6, 6, 8, 2 e 3.
3.
1 «Bṛ́has-páti si
rivolgeva a lui (a Prajāpati): “Con questo
(legume), che (io) ti lasci sacrificare! Infatti, questi armenti si avvicineranno ancora a te”. (...) In questo modo,
infatti, gli armenti si avvicinavano ancora a lui (punar upānaman)» (KS, 10, 11).
Anche TB, 1, 6, 4, 5. «Il cibo non si
avvicinava (nopānamat) a Prajāpati.
Egli (...) otteneva il cibo».
Anche MS, 1, 10, 12. «Prajāpati non era in grado di ottenere il cibo.
Lo (...) otteneva». Anche TS, 2,
4, 11, 4. – Anche TS, 7, 3, 8, 1. «Prajāpati desiderava: “Posso essere un
divorante”. (...) In questo modo, infatti, egli diveniva un divorante». Così, TB, 3, 9, 10, 1. «Prajāpati desiderava: “Posso essere un grande divorante”». – Anche TB, 1, 1, 3, 5. «Prajāpati emetteva
le geniture. Il loro cibo si esauriva. (...) In questo modo, infatti, il loro
cibo non diminuiva».
4.
1 Anche ŚBM, 8, 7, 2, 2. «Pone lo kṣatrá –
il divorante – nella moltitudine. (...) Pone (dadhāti) lo kṣatrá – il divorante
– in questa intera moltitudine». Anche ŚBK,
4, 9, 1, 14 e 16. – Il rājanyá è l’amato delle moltitudini,
poiché è consacrato al centro delle moltitudini (TB, 1, 8, 8, 5 e 2, 7, 2, 2;
MS, 4, 4, 10 e 4, 3, 9). Anche PB, 18, 8, 7. «Tutte le
voci (Tutti gli uomini, TB, 1, 8, 8, 1) dicono di lui: “È un rājā!”». Al rājā è proprio tutto il cibo: «Richiamano verso di lui (verso il rājā) anche gli
animali della foresta laggiù: “Vieni! Il rājā ti cuocerà”» (ŚBM, 5, 3, 5, 4). Anche JB, 3, 25. Ma ŚBK, 7, 2, 3, 12
(7, 3, 2, 3). «Rende questo tutto un divorato per lui (per il rājā). Esclude (solo) il brāhmaṇá. Perciò, il brāhmaṇá non è un divorato...».
2 Anche ŚBK, 4, 1, 2, 9. «Perciò, gli
armenti (le
vacche, M, 3, 1, 2, 17) si rifugiano
vicino a colui il quale è vestito bene». Così, ŚBK, 5, 4,
1, 12. «Loro (gli armenti) –
riconoscendo le proprie forme – avevano accondisceso. Loro erano divenuti
disposti favorevolmente ad essere dati».
5.
1
Róhiṇī
è Uṣás: «Prajāpati si rivolgeva ad Uṣás, sua figlia» (PB, 8, 2, 10). «Ella rimaneva (atiṣṭhat) con lui, divenuta una cerva. Divenuto un cervo, saltava su di lei» (JB, 3, 262). Anche ŚBM, 6, 1, 2, 5.
2 Anche TB, 2, 2, 7, 2. «Prajāpati emetteva i Devā
(e) gli Ásurā. Egli non emetteva anche Índra. I Devā
gli dicevano: “Che (tu) generi per noi Índra!”. Egli vedeva Índra in se stesso. Lo emetteva».
6.
L’ója, il vīryá sono la forza, il vigore.
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