lunedì 23 dicembre 2019

Varie.

Varie.

 

1. JB

 

JB, 2, 128. Prajāpati – emesse le geniture – si disfaceva. Divenuto il cibo, egli giaceva. Tutti i Devā lo pretendevano: “È mio! È mio!”. Loro dicevano: “Che ce lo dividiamo!”. Non concordavano nella sua suddivisione. Loro dicevano: “Che corriamo una corsa (ājim ... ayāma), per lui!”. Loro correvano una corsa. (...) In questo modo, infatti, egli (Bṛ́has-páti) vinceva la corsa. (...) Índra diceva a lui – in procinto di vincere la corsa: “Ti pongo davanti (come puróhita). Che (tu) mi lasci sacrificare (yājaya), con questo sacrificio!”. “Sì”. Se lo poneva davanti (puro ’dhatta1). Con questo (sacrificio), (Bṛ́has-páti) lo induceva a sacrificare. In questo modo, Índra raggiungeva il śraíṣṭhya di tutti i Devā. Colui il quale così conosca raggiunge il śraíṣṭhya dei suoi. Questo è il sacrificio di entrambi: e del brāhmaṇá e del rājanyá. In quanto Bṛ́has-páti vinceva, così è del brāhmaṇá. In quanto Índra sacrificava (per se stesso), così inoltre è del rājanyá. Egli (Bṛ́has-páti) inoltre fu il puróhita di Índra soltanto. Non degli altri Devā. Egli desiderava: “Posso raggiungere la puródhā2 di tutti i Devā”. (...) In questo modo, infatti, egli raggiungeva la puródhā di tutti i Devā. Infatti, Bṛ́has-páti è il puróhita dei Devā.

 

JB, 2, 90. Loro (le vacche) – vedendo il padre, Prajāpati – andarono via – rallegrate. Andate via, loro si propagarono in grande. I Devā furono preoccupati dalla loro dispersione. Guidate fuori, con l’utsedhá3, riprese, con il niédha, (i Devā) se le posero in se stessi.

 

JB, 2, 90. Colui il quale può essere con il desiderio di un armento, costui può sacrificare, con questi due. Con il valabhíd, dischiude il recinto; con l’udbhíd, lascia andare le vacche. Guidate fuori, con l’utsedhá, riprese, con il niédha, se le pone in se stesso. Ottiene gli armenti. Diviene con un armento numeroso [abbondante].

 

JB, 2, 87. Índra desiderava: “Posso essere il ṣabhá di (tra) tutte le geniture; posso raggiungere la ṣabhátā”. (...) In questo modo, infatti, egli diveniva il ṣabhá di tutte le geniture; raggiungeva la ṣabhátā4. Colui il quale così conosca diviene il ṣabhá dei suoi, degli uomini (prajānāṃ); raggiunge la ṣabhátā.

 

JB, 2, 288. Prajāpati desiderava: Posso generare, molteplice, attraverso la genitura, attraverso gli armenti. (...) In questo modo, infatti, egli generava, molteplice, attraverso la genitura, attraverso gli armenti. Colui il quale così conosca genera, molteplice, attraverso la genitura, attraverso gli armenti. Allora dissero: “Era preoccupato dalla dispersione di queste geniture emesse”. (...) Con il brāhmaṇá, afferra (o circonda5) le geniture, gli armenti da entrambe le parti; per non disperder(li). La ricchezza di colui il quale così conosca non è dispersa.

 

2. KS

KS, 9, 17. Infatti, di Prajāpati desideroso di emettere le geniture, Índra (e) Agní nascondevano le sue geniture. Egli (Prajāpati) conosceva: “Infatti, Índra (e) Agní hanno nascosto le mie geniture1”. (...) In questo modo, infatti, questi due gli davano indietro le geniture.

 

VB, 3, 29. “Prajāpati emetteva le geniture. Emesse, il giorno e la notte le prendevano”. (...) Egli rese (...) un cibo il giorno; rese (...) un cibo la notte. Il giorno e la notte furono per lui il cibo, l’ákṣiti.

 

KS, 29, 7. Infatti, i Devā erano tutti simili. Non avevano raggiunto la vyāvṛ́t. In questo modo, vedevano queste prese – Agní (vedeva quella) ad Agní, Índra a Índra, Sūrya a Sūrya. In questo modo, infatti, loro (Agní, Índra, Sūrya) raggiungevano la vyāvṛ́t – il śraíṣṭhya dei Devā. Colui per il quale sono prese queste (prese, gráhān) raggiunge la vyāvṛ́t – il śraíṣṭhya dei pari. Infatti, Prajāpati distribuiva le parti – il sacrificio – ai Devā. Egli pensava: “Ho escluso me stesso”. Quelle che erano state le sue tre priyā tanva1, le metteva da parte. Egli metteva da parte queste (tre) prese. (...) Loro (si) distribuivano in questi mondi: Agní, nel (mondo) quaggiù; Índra, nello spazio intermedio; Sūrya, nel (mondo) lassù. Infatti, con queste prese, loro (Agní, Índra, Sūrya) prosperavano in questi mondi. Con queste (prese), attingevano all’ādhipatya di questi mondi. Colui per il quale sono prese queste (prese) prospera in tutti questi mondi, attinge all’ādhipatya di questi mondi.

 

KS, 10, 11. Prajāpati emetteva gli armenti. Loro erano andati via da lui. (Prajāpati) e Bṛ́has-páti li inseguivano (teṣāṃ ... anvaitā), a piedi. Dove loro (gli armenti) erano stati (āvasas), trovavano – nato – il legume selvatico. Strappato, lo portavano via. Bṛ́has-páti si rivolgeva a lui (a Prajāpati): “Con questo (legume), che (io) ti lasci sacrificare! Infatti, questi armenti si avvicineranno ancora a te”. (...) In questo modo, infatti, gli armenti si avvicinavano ancora a lui. (...) Gli armenti vanno via da colui il quale è senza armenti. Prajāpati è colui il quale dà gli armenti. (...) Egli (Prajāpati) induce gli armenti a tornare ancora, per costui.

 

3. TS

 

TS, 2, 4, 4, 1. Prajāpati emetteva le geniture. Emesse, loro andavano lontane da lui. Dove loro stavano, da lì sorgeva il legume selvatico. (Prajāpati) e Bṛ́has-páti le seguivano. Bṛ́has-páti diceva: “Con questo (legume), che (io) proceda prima di te! Allora le geniture torneranno vicine a te”. Procedeva prima (prātiṣṭhat) di lui. In questo modo, infatti, le geniture tornavano vicine a Prajāpati1.

 

TS, 2, 1, 1, 4. Prajāpati era qui, unico. Egli desiderava: Posso emettere le geniture, gli armenti. Egli strappava la vapā da se stesso. La offriva (prāgṛhāt) in Agní. In questo modo, diveniva (si originava) il capro senza corna. Lo (...) immolava. In questo modo, infatti, egli emetteva le geniture, gli armenti.

 

4. ŚB

 

ŚBM, 8, 4, 2, 1 e 2. Pur essendo (tutti gli esseri) un suo embrione, Morte – il male – li afferrava. Egli (Prajāpati) diceva ai Devā: “Insieme con voi, che (io) liberi tutti questi esseri da Morte – dal male!”. “In questo modo, che cosa diverrà per noi?”. “Scegliete!”, diceva (Prajāpati). “Che sia una parte, per noi!”, gli dicevano gli uni. “Che sia l’ādhipatya, per noi!”, gli altri. Fatta una parte per gli uni, l’ādhipatya per gli altri, egli liberava tutti gli esseri da Morte – dal male.

 

ŚBM, 8, 4, 1, 4. Perciò, inoltre, quando il padre ricerca nei figli, (questi) dicono: “In questo modo, che cosa diverrà per noi?”. Allora, quando i figli (ricercano) nel padre, (questo) dice: “Sì”. Poiché così e Prajāpati e i Devā parlavano insieme, all’inizio. [In altre parole, il padre largisce di più, rispetto ai figli].

 

ŚBM, 7, 5, 2, 14. Il púruṣa (l’uomo) è nel centro (mádhye); da ogni parte, sono gli altri armenti. Pone (dadhāti1) il púruṣa: il divorante degli armenti – dal centro. Perciò, il púruṣa è il divorante degli armenti – dal centro.

 

ŚBM, 4, 6, 9, 5 e 6. Allo stesso modo, il cibo portato (od offerto) desidera di andare via da lui: “In quanto, infatti, quest’(uomo) mi può ferire! In quale modo mi tratterà?”. Allinizio, (l’uomo) mangia un poco di questo (cibo), da lontano (All’inizio, egli può prender[ne] da lontano, due volte, tre volte, K, 5, 8, 3, 4). Lo ferma. (Il cibo) conosce: “Infatti, non è stato, così come ho pensato! Infatti, non mi ha ferito!”. Si rifugia vicino2 a lui (upāvaśrayate). Colui il quale, così conoscendo, è in grado di seguire il suo vratá, costui diviene l’amato del cibo, il divorante (del cibo).

 

ŚBM, 3, 9, 1, 5. Così, (lo yájamāna) si accresce, con la genitura, con gli armenti. Le geniture tornano insieme vicine a lui – le geniture rimangono con lui, per la śrī, per il cibo.

 

5. TB

 

TB, 3, 1, 4, 2. Prajāpati emetteva le geniture. Emesse, loro andavano lontane da lui. Si rivolgeva (con la mente) a Róhiṇī1, tra loro. Egli desiderava: “Può tornare vicina a me. Posso unirmi, con lei”. (...) In questo modo, infatti, ella tornava vicina a lui. Si univa con lei.

 

Nel mito seguente, i Devā – e non Prajāpati2 – emettono Índra:

 

TB, 2, 2, 3, 3 e 4. Prajāpati emetteva i Devā (e) gli Ásurā. Egli non emetteva anche Índra. I Devā gli dicevano: “Che (tu) generi per noi Índra!”. Egli diceva: “Come io vi ho emessi con l’ardore, così che (voi) generiate Índra!”. Loro ardevano l’ardore. Loro vedevano Índra in se stessi. Gli dicevano: “Che (tu) nasca!”. Egli diceva: “Per quale parte sono in procinto di nascere?”. “Le stagioni (e) l’anno. Le geniture (e) gli armenti. Questi mondi”, dicevano.

 

6. PB

 

PB, 14, 5, 13. Prajāpati emetteva le geniture. Loro – emesse – gli erano sembrate deboli (abalā), in un certo senso. Con questa melodia, (...) poneva in loro l’ója1, il vīryá. In quanto diviene questa melodia, si pone in se stesso l’ója, il vīryá.

 

KS, 36, 5. Emesse, (...) Váruṇa afferrava la giovinezza in loro (= nelle geniture). Allora dissero: “Infatti, loro lo (= Prajāpati, MS, 1, 10, 10) avevano offeso. (Prajāpati) induceva Váruṇa ad afferrarle – offensive”. Perciò, il padre non è offeso. (...) I Marútaḥ disperdevano l’offerta di lui (di Prajāpati). In questo modo, (le geniture) erano emesse, afferrate dall’afflizione. Ricercava una cura per loro. Ricercava in se stesso. Egli produceva questo latte da se stesso. Con questo (latte), rimuoveva l’afflizione da loro.

 

PB, 19, 7, 1. All’interno di questo (recinto), era la ricchezza in vacche (gavya vasv) (degli Ásurā). I Devā non erano in grado di dischiuderlo. Loro (i Devā) dicevano a B́has-páti: “Che (tu) li (= gli armenti) lasci andare per noi!”. Con l’udbhíd, egli rompeva il recinto; con il balabhíd, (lo) dischiudeva. Li lasciava andare, con l’utsedhá; (li) afferrava (o rinchiudeva), con il niédha.

 

B́has-páti riesce a far tornare i Devā (MS, 2, 2, 6) e ad afferrare gli armenti – dopo averli lasciati andare. Così, i Devā sono come i loro armenti.

 

 

Note.

 

1.

1 Anche KS, 11, 4. «Infatti, B́has-páti è il più giovane dei Devā. Egli attingeva al culmine. B́has-páti è la divinità di colui il quale è più giovane. Si pone dietro di lui. Egli (B́has-páti) lo porta al culmine». Anche TS, 2, 1, 6, 1. «Con il desiderio di un villaggio, può desiderare: “Posso essere il pṛṣṭhá dei pari”; può immolare (un armento) con il dorso bianco a B́has-páti. (...) Egli (Bṛ́has-páti) lo rende il pṛṣṭhá dei pari. Diviene con un villaggio».

2 Anche TS, 7, 4, 1, 1. «B́has-páti desiderava: “I Devā possono avere fiducia in me. Posso raggiungere la puródhā”. (...) In questo modo, infatti, i Devā avevano fiducia in lui. Raggiungeva la puródhā». Così, ŚBK, 5, 7, 5, 1 e TB, 2, 7, 1, 2. Anche JB, 2, 311. «Giungeva alla loro puródhā: raggiungeva lo yáśa (in loro)». Anche MS, 1, 11, 5 e KS, 14, 5.

3 «Infatti, con l’utsedhá, i Devā guidavano fuori gli armenti; con il niédha, (li) afferravano (o rinchiudevano)» (PB, 15, 9, 11).

4 «Infatti, il rājā è il ṛṣabhá tra gli uomini. Il toro è il ṣabhá tra gli armenti» (JB, 2, 87). Anche PB, 19, 12, 3 e 6. Anche JB, 1, 95. «Infatti, e Índra e Sóma desideravano: “Possiamo giungere all’aíśvarya, all’ādhipatya di tutte le geniture”. (...) In questo modo, infatti, questi due giungevano all’aíśvarya, all’ādhipatya di tutte le geniture».

5 Anche PB, 18, 10, 9. «Con lo kṣatrá, afferra (o circonda) per lui la víś da entrambe le parti. La víś diviene colei la quale non va via da lui».

 

2.

1 Gli amati corpi. Anche TS, 6, 6, 8, 2 e 3.

 

3.

1 «Bṛ́has-páti si rivolgeva a lui (a Prajāpati): “Con questo (legume), che (io) ti lasci sacrificare! Infatti, questi armenti si avvicineranno ancora a te”. (...) In questo modo, infatti, gli armenti si avvicinavano ancora a lui (punar upānaman)» (KS, 10, 11). Anche TB, 1, 6, 4, 5. «Il cibo non si avvicinava (nopānamat) a Prajāpati. Egli (...) otteneva il cibo». Anche MS, 1, 10, 12. «Prajāpati non era in grado di ottenere il cibo. Lo (...) otteneva». Anche TS, 2, 4, 11, 4. – Anche TS, 7, 3, 8, 1. «Prajāpati desiderava: “Posso essere un divorante”. (...) In questo modo, infatti, egli diveniva un divorante». Così, TB, 3, 9, 10, 1. «Prajāpati desiderava: “Posso essere un grande divorante”». – Anche TB, 1, 1, 3, 5. «Prajāpati emetteva le geniture. Il loro cibo si esauriva. (...) In questo modo, infatti, il loro cibo non diminuiva».

 

4.

1 Anche ŚBM, 8, 7, 2, 2. «Pone lo kṣatrá – il divorante – nella moltitudine. (...) Pone (dadhāti) lo kṣatrá – il divorante – in questa intera moltitudine». Anche ŚBK, 4, 9, 1, 14 e 16. – Il rājanyá è l’amato delle moltitudini, poiché è consacrato al centro delle moltitudini (TB, 1, 8, 8, 5 e 2, 7, 2, 2; MS, 4, 4, 10 e 4, 3, 9). Anche PB, 18, 8, 7. «Tutte le voci (Tutti gli uomini, TB, 1, 8, 8, 1) dicono di lui: “È un rājā!”». Al rājā è proprio tutto il cibo: «Richiamano verso di lui (verso il rājā) anche gli animali della foresta laggiù: “Vieni! Il rājā ti cuocerà”» (ŚBM, 5, 3, 5, 4). Anche JB, 3, 25. Ma ŚBK, 7, 2, 3, 12 (7, 3, 2, 3). «Rende questo tutto un divorato per lui (per il rājā). Esclude (solo) il brāhmaṇá. Perciò, il brāhmaṇá non è un divorato...».

2 Anche ŚBK, 4, 1, 2, 9. «Perciò, gli armenti (le vacche, M, 3, 1, 2, 17) si rifugiano vicino a colui il quale è vestito bene». Così, ŚBK, 5, 4, 1, 12. «Loro (gli armenti) – riconoscendo le proprie forme – avevano accondisceso. Loro erano divenuti disposti favorevolmente ad essere dati».

 

5.

1 Róhiṇī è Uṣás: «Prajāpati si rivolgeva ad Uṣás, sua figlia» (PB, 8, 2, 10). «Ella rimaneva (atiṣṭhat) con lui, divenuta una cerva. Divenuto un cervo, saltava su di lei» (JB, 3, 262). Anche ŚBM, 6, 1, 2, 5.

2 Anche TB, 2, 2, 7, 2. «Prajāpati emetteva i Devā (e) gli Ásurā. Egli non emetteva anche Índra. I Devā gli dicevano: “Che (tu) generi per noi Índra!”. Egli vedeva Índra in se stesso. Lo emetteva».

 

6.

L’ója, il vīryá sono la forza, il vigore.


© Frammenti vedici.

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