Introduzione.
In
questo libro, sono raccolti i principali passi sul carattere della divinità
vedica Prajāpati. In particolare, come si può dedurre dai passi scelti,
1.
Prajāpati è unico, all’inizio1. Egli desidera di emettere tutte le
geniture (o le creature, prajāḥ) e gli armenti.
Emessi, le geniture e gli armenti vanno
via da lui.
2.
Prajāpati si afferma (in vari modi)
sulle geniture e sugli armenti. Così, le geniture e gli armenti tornano vicini a lui.
3.
Infatti, Prajāpati emette le geniture, solo
per la propria prosperità e per il proprio cibo. Così, le geniture sono come gli armenti. (Gli armenti sono solo il cibo).
4.
Le geniture tentano di sollevarsi contro Prajāpati (PB, 7, 5, 2). Invano. Esse rimangono infine con Prajāpati, per la
sua supremazia. Così, Prajāpati è al
centro delle geniture (PB, 17, 10, 2). Rese le geniture nel proprio potere
(vaśe kṛtvā), Prajāpati è felice (JB, 1, 118). Prajāpati sottomette gli armenti (PB, 7, 10, 13; JB, 1, 148).
5.
Appena emesse, le geniture languono (PB, 7, 10, 15),
sono affamate (PB, 8, 8, 14), sono deboli (PB,
14, 5, 13), non generano (PB, 20, 4, 5) e così via. [Molti commentatori, a
proposito, accennano a una creazione
manchevole]. Prajāpati assiste
le sue geniture. Ma le assiste, solo
per indurle a prosperare, come degli armenti, e poi divorarle (PB, 21, 2, 1). Infatti, Prajāpati dà spesso il cibo alle geniture e agli armenti:
per le geniture e per gli armenti, arriva il momento di dare, dopo aver ricevuto...
Prajāpati
in succinto ha il ‘potere’ su tutte le creature, sulle sue geniture, e sugli
armenti. Perciò, egli istruisce (JB,
3, 152) e insedia (JB, 2, 141) le élites;
in particolare, il rājā – dei Devā o degli uomini.
1.
Prajāpati emette i Devā. Insedia Índra –
come rājā – su di loro. I Devā si sottraggono a Índra. (Così come
le geniture, all’inizio, sono andate via
da Prajāpati). Prajāpati trova il modo di rendere i Devā
acquiescenti a Índra.
2.
Prajāpati – il divorante delle geniture – rende
il brāhmaṇá e il rājanyá2 i divoranti del vaíśya (PB, 6, 1, 10). Il vaíśya
genera solo per il brāhmaṇá e per il rājanyá, così come le geniture – il cibo – generano per Prajāpati (PB, 21,
2, 1).
3.
Così, i ‘pochi’ – in accordo con Prajāpati – sono al disopra dei ‘molti’.
Prajāpati stesso è al disopra delle sue geniture (KS, 29, 9 e 20, 11). Esse –
abbondanti – sono solo il suo cibo e come
gli armenti per lui. Allora i ‘molti’ sono il cibo e come gli armenti per i ‘pochi’ (per il brāhmaṇá e per lo kṣatrá).
4.
Soltanto i ‘molti’ possono essere il cibo per i ‘pochi’. I ‘pochi’ – come Prajāpati
– si aspettano che i ‘molti’ generino.
Così, c’è più cibo. Prajāpati induce
le sue geniture a generare (PB, 21, 2, 1). Così, il cibo per Prajāpati è
abbondante.
5.
Il rājā inoltre dà
alle víśaḥ (= ai popoli). Così, le víśaḥ gli
appartengono: il rājā3 si circonda
di loro, come suoi sostentati4, bhāryāḥ: «Loro sedevano (...) vicini a lui: “Che (noi) siamo delle víśaḥ, per te! Che (tu) ci induca ad aver
parte (dopo di te) nel sacrificio!”»
(JB, 2, 140). I ‘pochi’ possono sostentare alcuni
‘molti’, anzitutto se questi ultimi sono accondiscendenti. (Gli armenti tornano vicini a Prajāpati, appena egli
dà loro del cibo).
In
questo modo, tutte le geniture sono assoggettate a Prajāpati e tutti i Devā,
a Índra (= le víśaḥ, al rājā). – Gli
armenti non sono per se stessi: l’uomo li rende solo per se stesso. L’India vedica ha esaminato il rapporto tra
l’uomo e i suoi armenti:
1.
Gli armenti sono solo il cibo, per
l’uomo.
2.
L’uomo si aspetta che gli armenti generino
(altrimenti, il cibo dell’uomo diminuirebbe). Gli armenti prosperano solo come cibo.
3.
Gli armenti ricevono il cibo dall’uomo. Perciò,
l’uomo pretende il cibo dagli armenti. Si delinea così il ‘sacrificio’.
4.
In quanto lo sostentano, gli armenti non possono sottrarsi all’uomo. (Gli armenti sembrano anzi accondiscendenti con
l’uomo: JB, 3, 213).
5.
Gli armenti non possono che essere più
abbondanti degli uomini che sostentano...
Così,
i ‘molti’ (= le moltitudini degli altri uomini) sono come degli armenti, per i
‘pochi’; ad esempio:
TS, 6, 4, 10, 5. Infatti, queste (geniture) eroiche (suvīrāḥ)
sono quelle divoranti. Queste (geniture) prolifiche (suprajāḥ) sono
quelle divorate. La genitura di colui il
quale così conosca nasce (come) divorante – non (come) divorata.
Le
geniture eroiche divorano quelle5
prolifiche. Perciò, le geniture
eroiche si aspettano che quelle prolifiche siano solo come degli armenti:
JB,
1, 276. ...perciò, i Devā non ritornano.
...perciò, inoltre, le geniture (i giovani, o gli uomini, prajāḥ)
e vanno via e fanno ritorno. (Gli armenti, JB, 1, 106) vanno lontano, la mattina; loro tornano
insieme, la sera. Lo sperma è versato, in avanti; è generato (prajāyate, dopo la gestazione),
indietro6.
Così,
le geniture divorate si rinnovano e
provvedono alla prosperità delle geniture divoranti. Gli armenti sono solo un cibo per l’uomo (ŚBK, 4, 7, 3,
1). Le víśaḥ sono un cibo – insieme con gli
armenti e come gli armenti – per il brāhmaṇá e per lo kṣatrá:
ŚBK,
6, 2, 2, 12-14. Allora gettano (verso) di lui dei pacchetti di sale. Colui il
quale sacrifica, con il vāja-péya, consegue il cibo. (...) Il sale
è gli armenti. Infatti, gli armenti sono
il cibo evidente. Perciò, divengono dei pacchetti di sale. (I pacchetti di
sale) sono avvolti con foglie di aśvatthá. L’aśvatthá è proprio ai Marútaḥ.
(...) Infatti, i Marútaḥ sono le víśaḥ. Infatti, le víśaḥ sono il cibo.
Perciò, sono avvolti con foglie di aśvatthá.
I víśyāḥ (li) gettano. Poiché le víśaḥ sono il cibo.
Prajāpati
stesso rende le sue geniture solo un
cibo e come gli armenti (ŚBM, 3, 9, 1, 2; M, 7, 5, 2, 6). Come l’uomo (con lo yūpa)
è al disopra degli armenti e li rende un cibo, così il brāhmaṇá e lo kṣatrá (con lo yūpa) sono al disopra delle víśaḥ e le rendono solo un cibo. In un altro testo, il brāhmaṇá e il rājanyá
– in accordo con
Prajāpati – rendono il vaíśya il loro
cibo7. Ma il
brāhmaṇá e lo kṣatrá – insediati da Prajāpati – sono solo per
Prajāpati stesso:
KB, 12, 8. Così, infatti,
e con il brāhmaṇá e con lo kṣatrá, e con lo kṣatrá e con il brāhmaṇá, Prajāpati
giungeva ad afferrare (o a circondare) da entrambe le parti, ad ottenere il cibo.
Infatti,
soltanto gli armenti e le víśaḥ
sono per il brāhmaṇá e per lo kṣatrá (ŚBK, 4, 9, 1, 10 e
14). Il carattere delle élites vediche – se connesso con quello
di Prajāpati – è mostrato nelle pagine che seguono.
Note.
Introduzione.
1 «Prajāpati era qui, unico. Non era il
giorno, non era la notte. Egli procedeva in questa cieca tenebra. Egli aspirava
(a una luce)...» (PB,
16, 1, 1). «Agní non era emesso.
Allora Prajāpati emetteva le geniture. Loro svanivano, con questi mondi, in una
cieca tenebra. Egli era afflitto. Egli ardeva. In questo modo, Agní era emesso...» (MS,
1, 6, 6).
2 Prajāpati è il
divorante delle geniture e così il brāhmaṇá e lo kṣatrá sono i divoranti degli armenti e delle víśaḥ, nello ŚBK, 4, 9, 1. I pacchetti di
sale – avvolti con foglie di aśvatthá – rappresentano
gli armenti e le víśaḥ come cibo per il brāhmaṇá e per lo kṣatrá
(ŚBK, 6, 2, 2, 12-14).
3 Il padre può
avere due volti: Prajāpati induce Váruṇa
ad afferrare le geniture – che lo
hanno appena offeso – e subito dopo cura le geniture – afferrate dall’afflizione (KS, 36, 5 e MS, 1, 10, 10).
4 Anche ŚBK, 7, 2,
2, 14. «Infatti, è prospera la víś
che sta (e) non va via, (per il rājanyá)». Anche ŚBK, 5, 3, 4, 9. Ma le víśaḥ sono il cibo, per il rājanyá (ŚBK, 7, 2, 4, 11). Infatti, gli armenti prosperano, se stanno con
l’uomo (che poi li divora). Le víśaḥ sono solo un cibo e come gli armenti (ŚBK, 6, 2, 2, 12-14). «Infatti, i
Devā prevalevano. Mettevano (gli
armenti) nelle dimore. In questo modo, il cibo non andava via da loro» (ŚBK, 5, 8, 3, 2).
5 Le víśaḥ, nello ŚBM, 4, 2, 1, 12 e 17. Le
geniture prolifiche – in quanto generano ancora e ancora, come cibo per le
geniture eroiche – sono correlate con la Luna – il cibo, per il Sole: «Succhiato (Luna), (il Sole) lo sputa. (...) Egli
(Luna, masc.) si riempie ancora. Egli si riempie ancora, per il cibo di lui
(del Sole)» (ŚBM, 1, 6, 4, 20).
6 Lo yūpa
che rende solo un cibo gli armenti (ŚBK, 4, 7, 3, 1 e K, 6, 2, 2, 12) e le víśaḥ
(ŚBK, 6, 2, 2, 13 e 14) è cinto con una triplice corda: «Poiché il cibo è triplice. Poiché gli armenti sono il cibo. Il padre, la madre (e) ciò che nasce è il
terzo» (ŚBK, 4, 7, 1, 18). Lo yūpa è
cinto al livello dell’ombelico: «Pone il cibo in lui. Poiché il cibo qui si stabilisce in questo punto (átra)» (ŚBM, 3, 7, 1, 19). Così, gli
armenti e le víśaḥ generano
come cibo per il brāhmaṇá e per lo kṣatrá con la testa al disopra dello yūpa (ŚBK,
6, 2, 2, 11; M, 5, 2, 1, 14 e 15). Anche PB, 6, 1,
10.
7
«Perciò, (il vaíśya) è il divorato e del brāhmaṇá e del rājanyá. Poiché è emesso più in basso (di entrambi)» (PB, 6, 1,
10). Le víśaḥ
sono il cibo per il brāhmaṇá e per lo kṣatrá (ŚBK, 6, 2, 2, 13 e 14). Poiché il brāhmaṇá e lo kṣatrá – con la testa sulla cima dello yūpa – sono al
disopra delle víśaḥ (ŚBM, 5, 2, 1, 22; K, 6, 2, 2, 18).
Con lo yūpa, gli armenti sono il cibo per l’uomo – al disopra
degli armenti (ŚBK, 4, 7, 3, 1).
«Come quest’uomo (procede) su due piedi (ed) eretto, così (gli armenti) procedettero su due piedi (ed) eretti. In questo modo, i Devā videro questa folgore: lo yūpa. Lo eressero. Attraverso il timore per esso (per lo yūpa), (gli armenti) erano piegati. In questo modo, erano divenuti su quattro piedi. In questo modo, divenivano il cibo» (ŚBM, 3, 7, 3, 1 e 2). Lo yūpa distingue gli armenti dall’uomo – e le víśaḥ dal brāhmaṇá e dallo kṣatrá: «Allora portano per lui un trono. Colui il quale ottiene (jáyaty) un posto nello spazio intermedio (con la testa sullo yūpa), ottiene un posto al disopra. Questi uomini (le víśaḥ, K, 6, 2, 2, 18) – dal disotto – lo servono – seduto al disopra. Perciò, portano per lui un trono» (ŚBM, 5, 2, 1, 22). Le víśaḥ sono come gli armenti e così sono rese un cibo dal brāhmaṇá e dallo kṣatrá con la testa sulla cima dello yūpa (ŚBK, 6, 2, 2, 12 e 13). Anche, ad esempio, ŚBM, 9, 3, 1, 14-16. «Rende lo kṣatrá concentrato in un unico (ekasthaṃ), la śrī concentrata in un unico. (...) Pone l’abbondanza nella víś. (...) Poiché lo kṣatrá è distinto, in un certo senso. (...) Poiché la víś è indistinta, in un certo senso. (...) Poiché lo kṣatrá è sollevato, in un certo senso. (...) Poiché la víś è seduta, in un certo senso. (...) Rende la víś assoggettata, obbediente allo kṣatrá». La víś è come un armento, per lo kṣatrá. «Poiché la testa (= lo kṣatrá) è unica, in un certo senso. (...) Pone nel corpo un’abbondanza di membra (= la víś)» (ŚBM, 6, 6, 1, 10).
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